un'apocalisse morbida, soffice, lattiginosa.
mi sveglio, apro gli occhi e sono nella nebbia dentro casa
mia.
uno strano sapore metallico ristagna in bocca, ieri sera
devo aver fatto bisboccia - ah, si, la pizza con Anna e le due bocce di vino
rosso (non avevo altro in casa).
dovrei alzarmi, ma vorrei partire. si, ancora. fuggire,
fuggirmi, oppure conoscere, scoprire, vedere, sorprendermi. ecco, questa cosa
della routine che mi uccide è davvero fastidiosa, a quarant'anni sarebbe anche
ora che mi dia una regolata: ma non riesco, sto continuamente forzando me
stesso, nuotando controcorrente (io che non so nuotare: figuriamoci!).
mentre mi lavo i denti l'immagine davanti a me è di un
vecchio malandato, sicuramente con problemi al fegato, probabilmente con
problemi al sonno. una pelle floscia, macchiata da vene venuzze e nei vari,
sotto gli occhi due borse enormi, la palpebra bassa all'orizzonte. e quel mondo
enorme che cerca di fuggire all'elastico dei pantaloni del pigiama, un blob che parla di vizi e stravizi, di notti insonni, di abusi da
frigorifero: che parla di me.
mentre stringo i lacci delle polacchine ho il
fiatone, e considerando i due pacchetti (uno vuoto, l'altro a metà) di camel blu
sul comò mi reputo quasi fortunato - ma mi prenderei a schiaffi lo stesso: di
tutti i fottuti vizi quello del fumo è l'unico che non riesco a perdonarmi. il
caffé al mattino è solo un rito, un'altra sciocca abitudine che non mi dà
alcuna soddisfazione - anzi: sostituisce al pungente sapore di menta del
dentifricio un gustaccio che, bah, forse si, una volta amavo; oggi mi fa solo
schifo. o se non schifo, quasi.
fuori dal portone l'aria del mattino è frizzante, unica
piccola gioia mentre indosso il casco ed i guanti. sposto con fatica una moto
che sembra quasi opporsi nemica, proprio lei che solo qualche settimana fa era
come la mia donna vorrei fosse: confortevole, paciosa ma forte quando serve,
protettiva sempre, divertente spesso. no, oggi - rientrando anch'essa nell'insieme
del tran tran quotidiano - è solo un grosso baloccone nero di plastica e ferro che
deve portarmi velocemente in un ufficio, oggi non è il mio mostro da mille
chilometri ma un enorme commuter da commissioni in città.
mentre bestemmio silenziosamente dietro il policarbonato della
visiera sporca di moscerini d'altri mondi faccio fatica ad immaginare la
tangenziale come la route alpina franzosa o la strada che da brixen porta a
lienz. no, è impossibile anche sognare qualcosa del genere mentre faccio lo
slalom tra camion e automobilisti più rincoglioniti di me con un occhio sul
telefono ed uno sulla strada.
dove vado, dove sto andando? ma è quindi questo il mio
percorso? per cosa sto bruciando ore di vita? la filosofia irrompe violenta
nella vita reale quando ti accorgi che qualcosa non va, quando il mood è
perennemente sul grigio andante, quando "ci sta la mattina storta, ma che
alzarsi tutti i giorni diventi un ultimo miglio allora no".
concludo i miei ragionamenti, spengo il motore, mi levo il
casco e mi avvio provando davanti al riflesso di una vetrina un sorriso fasullo
che sia almeno un pò credibile prima di entrare in ufficio.
buon giorno.
[ P.s.: non è che per forza dev'essere tutto vero ;) ]
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