domenica 22 dicembre 2013

Incipit?

Devo smettere di fumare. Me lo dico mentre accendo la seconda sigaretta della mattina - ma d'altraparte il caffè qui è cosi buono, l'aroma si sposa perfettamente al gusto delle mie Camel Orange.

Questo vento caldo ed umido è piacevole, ci voleva una interruzione dal grigio piombo padano ed invernale; guardo il mare, lo ascolto come un mantra frammisto al ticchettio delle mie dita sulla tastiera del computer portatile. Cade un  pò di cenere tra la “b” e la “n”, la soffio via.

Un mantra.
Sposto gli occhi dal display e guardo il blu rabbioso che s'incontra in lontananza con il cielo grigio - verrà da piovere, un temporale... 
Un mantra. 

Mi ripeto oramai da qualche giorno (più che altro da qualche sera...) che nella mia vita ho amato solo due donne: una l'ho sposata, l'altra no. Con una ho avuto i miei bei momenti,  l'altra l'ho solo sognata: e veramente, non dico ad occhi aperti.

L'ho sognata che ero sdraiato in spiaggia a guardare il cielo, era una mattina fresca in estate: e lei era lì, rivolta al mare che ronfava come un gatto (un mare sornione, regge come immagine?), nuda. Una schiena perfetta, quei capelli lunghi quasi fuori moda, il fisico esile ai confini della magrezza. Poi si girava, mi sorrideva ed in quel momento era l'aleph,  era tutto concentrato in quel sorriso. I suoi occhi  nei miei, mi si avvicinava e facevamo un amore dolcissimo. No, bugia, mi sono svegliato prima di. Fanculo.

Altra cenere. Questa sigaretta è oramai morente. La spengo. Mi alzo e vado al cucinotto, riempio la seconda tazzina della mia miscela profumata. Buono, così senza zucchero. Prendo un'altra sigaretta, ravano nelle tasche in cerca dell'accendino che divertito mi osserva dalla scrivania.

Torno sedermi. Mentre rileggo quello che sto scrivendo una improvvisa folata di vento mi scompiglia i pensieri. Alzo lo sguardo, sembra quasi che il mare voglia attenzione – come quando la mia gatta mi graffia un po’ perché vuole le coccole. Allora vado alla ringhiera del balcone, respiro iodio e nicotina. Lascio che lo sguardo si perda un po’ all’orizzonte.